Continuiamo la chiaccherata con Lilliana Otalora di Oxidos, parlando di commercio equo e del processo produttivo.
Come avete incontrato il commercio equo? Conoscevo da tempo Ana Maria (di Piel Acida) con la quale condividevo la passione per l’artigianato. Sapevo che Piel Acida aveva contati con una cooperativa italiana ma non avevo ben chiaro il commercio equo. Anche perchè noi lo praticavamo senza saperlo!
Un che senso?
Uno dei problemi della Colombia è la mancanza di opportunità: il tasso di disoccupazione è alto (supera il 10%) e chi ha la fortuna di avere un lavoro non è detto che abbia un contratto regolare e che sia tutelato. Noi da subito abbiamo stabilito uno stipendio più alto del minimo salariale e paghiamo tutta una serie di contributi che seppur obbligatori, sono poco rispettati. Ad esempio oltre all’assicurazione sanitaria paghiamo anche il trasporto, l’accesso a strutture ricreative, un fondo per prestiti per acquistare o ristrutturare la propria casa.
Siamo consapevoli che ora da Oxidos dipendono circa 200 persone tra lavoratori e loro famigliari. A tutti vogliamo garantire uno stipendio sicuro e un futuro stabile. Formiamo costantemente i nuovi assunti in modo che conoscano e sappiano fare ogni fase della lavorazione. Tutti, noi (io e mia sorella) incluse, sappiamo fare tutto. Cerchiamo anche di fare in modo che ogni lavoratore si realizzi nella fase produttiva che più gli è consona: questo è artigianato, ciascuno mette la propria abilità e creatività in ogni prodotto.
Così quando altraQualità vi ha conosciuto e visitato vi ha subito inserito tra i propri fornitori: i prodotti erano (anzi sono) molto belli, originali e seguivate (anche senza saperlo) tutti i criteri del commercio equo. A proposito di prodotti ci puoi raccontare come avviene la lavorazione del ferro?
Certo, anche perchè ne siamo molto orgogliosi. Alcune fasi, in particolare quella della colorazione sono realizzate con una tecnica che abbiamo inventato noi e che non usa nessun altro. Per prima cosa il metallo viene pulito e tagliato a mano con una matrice. I vari pezzi vengono saldati per ottenere la forma che vogliamo. A questo punto mettiamo tutto in una vasca piena di acqua e sapone (biodegradabile) per attivare il processo di ossidazione. Una volta asciutto lo ricopriamo con una resina che lo protegge e blocca il processo ossidativo. Iniziamo a colorare: la vernice a contatto con la resina forma piccole crepe che danno il caratteristico effetto craquelè di ogni prodotto Oxidos. Stendiamo tante mani di colore quante necessita il prodotto e infine una passata di lacca per fissare il disegno e proteggerlo. Il risultato è questo, ad esempio (Lilliana ha in mano uno dei portatovaglioli a forma di farfalla). Bello, no?
Bello, si! E bello anche l’entusiasmo con cui Liliana ci ha raccontato la storia di Oxidos,la sua grinta imprenditoriale e il modo in cui è riuscita partendo dalla sua creatività a coinvolgere e dare un lavoro alla sua famiglia e a molti altri artigiani.