Ne avevo già letto e sentito parlare, ma resto sempre colpita dalla sua storia ogni volta che ne trovo notizia e anche oggi, quando ho sentito che a Radio Tre nel programma Fahrenheit si parlava del Barefoot College, mi sono fermata ad ascoltare. Durante la rubrica Incontri è stata mandata in onda l’intervista a Maria Pace Ottieri sul suo ultimo libro “Raggiungere l’ultimo uomo. Bunker Roy, un villaggio indiano e un diverso modo di crescere” (Einaudi). Bunker Roy è il fondatore del Barefoot College, l’unico posto al mondo dove chi insegna è anche allievo e chi impara è anche insegnante e non sono i titoli accademici a distinguere l’uno dall’altro ma le abilità e l’esperienza. Il College “a piedi scalzi” fondato a Tilonia in un isolato villaggio indiano, è un esperimento comunitario di condivisione delle conoscenze e sviluppo indipendente. Ciascuno mette al servizio della comunità ciò che è capace di fare, senza l’ingerenza di esterni, “esperti”. Bunker Roy è infatti molto critico nei confronti di funzionari delle Ong, ingegneri volontari di turno o altri operatori istituzionali, che accusa di avere creato sistemi che non aiutano, ma anzi danneggiano le capacità di autosviluppo delle comunità più povere. Anche per questo, quella del Barefoot College e del suo fondatore, è una esperienza interessante, per chi si occupa di cooperazione e può aiutare a rileggere, mettere in discussione e non dare mai per scontato nulla nei propri progetti.
Articoli recenti
- Papa Paper: la carta artigianale che vuole salvare il mondo (o almeno un pezzettino)
- Tisane Ayurvethica: la nuova produzione
- Un’azienda indiana verso l’impatto zero
- Pietra saponaria: l’arte della decorazione di precisione
- I noodles di riso: come usarli
- L’arte per l’Iran
- Pelle, ecopelle e (vera) sostenibilità
- La creatività per costruire futuro